COLTELLO A PETTO STUBAI
COLTELLO A PETTO STUBAI

COLTELLO A PETTO STUBAI.

Al coltello a petto (al suo restauro più precisamente) abbiamo dedicato un articolo sulle pagine di questo numero e presentarne uno nella rubrica Impressioni d’uso ci è sembrato il minimo che potessimo fare per venire incontro a chi, appassionatosi a questo strumento, volesse aggiungerlo in un click alle proprie dotazioni. Il modello qui presentato viene prodotto in Austria da STUBAI e commercializzato da Ferramenta Trifiletti. In realtà sul catalogo on line del suddetto distributore viene brutalmente definito “raschianodi” relegandolo dunque ad attività boschive molto lontane dalla falegnameria. Eppure questo strumento riserva molte soddisfazioni una volta che si è imparato a conoscerlo. Può essere aggressivo e delicato allo stesso tempo consentendo di passare in pochi minuti dalla sgrossatura all’estrema finitura di un manufatto.

       

La STUBAI produce coltelli a petto, con il marchio del Consorzi o che prende il nome dal noto ghiacciaio austriaco, fin dal 1960 e non è raro trovarne di vintage nel mercato dell’usato (come quello nero dai manici ricurvi nella fotografia a sinistra). I modelli più recenti hanno visto una semplificazione nella costruzione, ad esempio la lama di quello qui testato non termina con codoli che attraversano i manici ma con due più spartane asole per dei bulloni di fissaggi o. La qualità degli acciai è però rimasta del tutto invariata.

Lo strumento.

Dalla scheda tecnica qui sopra si evince chiaramente che il coltello a petto della STUBAI, con i suoi 24 centimetri di lama, non è certo un giocattolo. Noi aggiungiamo a chiare lettere che per sfruttarlo al meglio e in sicurezza occorre fissare molto bene il pezzo da lavorare, preferibilmente in un cavalletto da sfogliatura, capra da sediaio o Shaving Horse che dir si voglia (trovate tutti i progetti sugli Speciali di Legno Lab). La lama è pronta all’uso e quindi lo strumento può essere impiegato non appena rimossa la clip in materiale plastico che protegge il filo.

Le superfici che concorrono alla formazione del filo sono regolar i ben lavorate. I segni dell’affilatura di fabbrica sono evidenti ma molto sottili ed equamente distribuiti, in particolare quelli sulla faccia inferiore che, sostanzialmente costituisce la suola dello strumento. Le presta zioni iniziali sono dunque buone, grazie anche alla qualità dell’acciaio. Migliorano nettamente già con la prima affilatura che, in pochi passaggi, riesce facilmente ad eliminare i microsolchi di cui sopra.

Per rendere onore all’inadeguata descrizione di “raschianodi” il primo legno che abbiamo fatto incontrare alla lama è stato dell’orniello fresco (Fraxinus ornus). Ne abbiamo approfittato per testare la tenacia dello strumento nonché la tenuta dei manici. In ambedue i casi non abbiamo riscontrato problemi di sorta, anche quando si è trattato di spianare le aree più nodose. In realtà questo test non è stato così peregrino. Il coltello a petto è infatti uno degli strumenti più amati dai costruttori di archi monolitici che spesso partono da materiale del tutto grezzo.

Abbandonate le gravose operazioni di scortecciatura, e senza passare dall’affilatura, abbiamo testato lo strumento con asportazioni minime scoprendo un’ottima manovrabilità. Con ciò non intendiamo dire che questo coltello a petto sia facile da domare già dal primo taglio ma che il filo ha una buona durata e che i manici, leggermente ribassati rispetto all’asse della l ama, consentono un buon controllo della profondità di taglio. I n piccola parte questo è dovuto anche alla forma del tagliente che non è non diritto ma lievemente convesso. Questa particolare conformazione, unitamente ad una costante lubrificazione della lama (il barattolino ritratto in fotografia contiene uno s traccio imbevuto di olio), riduce l’attrito con il legno produce un andamento più fluido.

In queste due immagini vediamo il coltello a petto alle prese c on un elemento curvato a vapore particolarmente sottile (15x15m m). È stato il campo di prova per comprenderne il comportamento su superfici ridotte e curve, le più delicate. Per le convessità non abbiamo riscontrato alcun problema. Per le concavità l’unico limite emerso riguarda il raggio minimo lavorabile prima che la lama affondi troppo nel legno. La sua larghezza (27mm) , l’assenza di un limitatore di taglio (come la suola delle vastringhe) e il profilo piatto l e impediscono di eseguire curve al di sotto dei 20-25cm di raggio. Questa misura è comunque destinata a ridursi nel tempo. Dopo svariate affilature infatti la lama diminuisce in larghezza e la faccia inferiore da piatta tende a divenire lievemente convessa. I fabbricanti di forcole infatti usano coltelli a pet to molto sottili, identici a questo ma appositamente modificati.

L’ultimo test che abbiamo effettuato ci ha portati direttamene nel mondo del canottaggio, più precisamente tra i costruttori di pagaie. Ci è servito per valutare la velocità di asportazione e il grado di rifinitura sui legni morbidi. Generalmente infatti per remi e simili accessori da piccolo canottaggio si usano conifere come cedro o larice.

La gestione del taglio fine nei coltelli a petto avviene tramite il polso che, cambiando l’asse dei manici, modifica sostanzialmente l’angolo d i attacco sul legno. L’ergonomia è dunque un fattore importante e tale requisito è be n rispettato dai manici usati da STUBAI. Si noti infatti, nelle primissime foto di questo articolo, come la loro forma non sia mai cambiata nel corso del tempo.

 

Il taglio su legni morbidi con fibre parallele (quelli normalmente usati per remi e pagaie) è a dir poco esaltante. La lunga lama è l’ideale per seguire, unendole con un piano continuo, le linee centrali e quelle sulle coste del pezzo. In pochi secondi si riesce a rimuovere una grande quantità di materiale portando la rifinitura a circa il 95%. Il resto si può portare alla perfezione con qualche colpo di pialletto.

CONCLUSIONI

Può essere desueto, superato, talvolta faticoso e all’inizio frustrante ma il coltello a petto consente di fare molte lavorazioni con una velocità ed una precisione che pochi altri strumenti possiedono. In più è davvero appagante e per quello che costa il modello della STUBAI vale davvero la pena di provarlo!

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